Un’adeguata gestione delle emergenze “pone le sue basi sulla tempestività di intervento da parte di personale in grado di agire, in pochi minuti ed in maniera appropriata, sulla persona infortunata o su un possibile scenario, da cui potrebbero scaturire incidenti tali da comportare infortuni o in molti casi la morte dei lavoratori”. Una gestione delle emergenze efficace è sicuramente ancor più necessaria in tutti quegli ambiti lavorativi con elevati rischi, come gli ambienti confinati, che sono spesso caratterizzati da infortuni plurimi dovuti anche alla disorganizzazione nelle attività di soccorso.
A ricordare l’importanza di un’adeguata gestione delle emergenze negli ambienti confinati o a rischio di inquinamento è un documento – dal titolo “ Linee di indirizzo per la gestione dei rischi derivanti dai lavori in ambienti confinati o a rischio di inquinamento” – prodotto nel 2019 e aggiornato nel 2020 dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri ( CNI).
Le difficoltà nell’individuazione di una procedura di emergenza standard
Riguardo al tema della gestione delle emergenze il documento CNI – curato dall’Ing. Gaetano Fede, dall’Ing. Stefano Bergagnin, dall’Ing. Luca Vienni e dal Gruppo Tematico Temporaneo “Ambienti Confinati” del CNI – sottolinea “l’impossibilità di caratterizzare a priori ed in maniera univoca tutti i potenziali scenari di emergenza legati agli ambienti confinati, in quanto quest’ultimi dipendono da molteplici variabili quali ad esempio:
- caratteristiche dell’ambiente circostante, che potrebbero interferire con l’accessibilità al luogo da parte dei soccorritori;
- caratteristiche morfologiche degli spazi (dimensioni interne, dimensioni aperture, caratteristiche strutturali, ecc.);
- tipologia di lavorazioni da effettuare, che in alcuni casi possono comportare un aumento del rischio in corso d’opera;
- presenza di sostanze tossiche o di potenziali miscele esplosive;
- presenza di personale qualificato ed opportunamente addestrato allo svolgimento di quella specifica attività lavorativa;
- presenza di addetti alle emergenze addestrati sugli specifici scenari d’emergenza;
- il fattore umano che caratterizzano i comportamenti degli addetti in situazione di pericolo”.
Ed è dunque evidente la “difficoltà di individuare una procedura standard per la gestione dell’emergenze, che deve essere preceduta da una puntuale attività di analisi dei rischi”.
A questo proposito si ricorda che la procedura di emergenza è comunque “chiaramente citata” nel DPR 177/2011 “Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati”. L’art.3, comma 3 del D.P.R. 177/2011 recita quanto segue: “Durante tutte le fasi delle lavorazioni in ambienti sospetti di inquinamento o confinati deve essere adottata ed efficacemente attuata una procedura di lavoro specificamente diretta a eliminare o, ove impossibile, ridurre al minimo i rischi propri delle attività in ambienti confinati, comprensiva della eventuale fase di soccorso e di coordinamento con il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale e dei Vigili del Fuoco […]”.
Le fasi della gestione delle emergenze e l’autosoccorso
Il documento ricorda che la gestione delle emergenze deve considerare e coordinare tre fasi:
- Fase di allarme: “È la fase che viene attivata dal momento in cui il lavoratore avverte un malore, in seguito al quale può perdere i sensi, oppure subisce un trauma. La persona preposta a sorvegliare le attività avrà il compito di lanciare l’allarme chiamando i soccorsi interni e di valutare se necessaria la chiamata ai soccorsi esterni.
- Fase di recupero/salvataggio: Le categorie di salvataggio in un ambiente confinato possono suddividersi in autosoccorso, salvataggio senza ingresso e salvataggio con ingresso.
- Fase di soccorso medico specializzato: È la fase successiva all’uscita dall’ambiente dove i soccorritori esterni dovranno intervenire con le manovre per la rianimazione cardiopolmonare (RCP), se necessario, o trasportare con mezzi idonei l’infortunato presso il presidio di primo soccorso più vicino”.
Si ricorda, inoltre, che:
- l’autosoccorso è “l’azione svolta in autonomia dall’operatore che, essendo ancora cosciente, è in grado di riconoscere l’insorgenza di una criticità che possa metterlo in pericolo e dunque è in grado di mettersi in salvo da solo. Per l’applicazione di questa modalità l’operatore deve essere informato e formato sulla valutazione dei rischi”.
- il salvataggio senza ingresso dell’operatore “prevede che il lavoratore, all’interno dello spazio confinato, disponga di un sistema di recupero predisposto prima del suo ingresso; il soccorritore opera esclusivamente dall’esterno tramite argani/ verricelli/ carrucole, tripodi, ecc”.
Il salvataggio senza l’ingresso o con l’ingresso dell’operatore
La procedura relativa al salvataggio senza ingresso dell’operatore “non mette a repentaglio la vita dei soccorritori anche se presenta inevitabilmente dei limiti, legati ad esempio:
- alla geometria/layout dello spazio confinato, la localizzazione del punto di lavoro causa l’eventuale presenza di ostacoli;
- al numero di lavoratori all’interno dello spazio”.
In particolare gli spazi confinati compatibili con una “procedura di salvataggio senza ingresso operatore” possono essere, ad esempio:
- Spazi confinati verticali liberi: “Sono ambienti confinati con possibilità di recupero verticale e diretto; non vi è alcun ostacolo tra operatori che stanno all’interno e personale in assistenza. Il contatto continuo avviene pertanto in modo visivo attraverso il passo d’uomo. A titolo esemplificativo, ma non esaustivo, possono essere annoverati in questa tipologia di spazio le fosse non dotate di scale di accesso/esodo a 45°, gli scavi senza un piano inclinato di accesso, i pozzi, le apparecchiature tali o rese tali da consentire un percorso verticale di recupero/evacuazione”.
- Spazi confinati orizzontali liberi: “Sono ambienti confinati con possibilità di recupero orizzontale e diretto; non vi è alcun ostacolo tra gli operatori che stanno all’interno dell’ambiente confinato ed il personale in assistenza. A titolo esemplificativo, ma non esaustivo, possono essere considerati spazi orizzontali liberi serbatoi cilindrici, locali con passo d’uomo orizzontale, apparecchiature tali o rese tali da consentire un percorso orizzontale di recupero/evacuazione”.
Invece il salvataggio con ingresso dell’operatore prevede che “il/i soccorritore/i entri/entrino all’interno dello spazio confinato per effettuare un recupero. Tale operazione può consistere in un recupero del lavoratore infortunato da parte di uno o più soccorritori, anche con eventuale ausilio di sistemi quali teli e barelle spinali. Non è escluso inoltre, se possibile, l’utilizzo di sistemi meccanici quali tripodi, argani, verricelli e carrucole”.
Questi alcuni possibili esempi di spazi confinati che “generalmente necessitano di una “procedura di salvataggio con ingresso dell’operatore”:
- Spazi confinati complessi: “Sono ambienti in cui non vi è alcun contatto visivo diretto tra gli operatori ed il personale in assistenza. Rientrano naturalmente in questa tipologia di spazi anche quelli verticali e orizzontali in cui sono interposti ostacoli come ponteggi, paratie, macchinari, fra gli operatori ed il personale in assistenza, oppure i casi in cui il passo d’uomo non presenta una dimensione tale da consentire l’accesso e l’uscita della barella per il recupero dell’infortunato”.
- Spazi confinati con presenza di più operatori: “Sono ambienti all’interno dei quali l’esecuzione di una determinata attività necessita della presenza di due o più operatori, di conseguenza la fase di salvataggio risulta essere maggiormente complicata dal fatto che potrebbe essere indispensabile intervenire per salvare più lavoratori. Nella pratica un’operazione di salvataggio multipla, che rispetti le tempistiche necessarie a salvare una vita umana, potrebbe essere difficilmente applicabile. È fondamentale progettare in maniera adeguata la procedura d’emergenza valutando possibili scenari d’intervento”.